L’inquinamento dei data center: l’impatto delle grandi tecnologie sulla salute pubblica

L’impatto ambientale e sanitario dei data center, alimentati dall’intelligenza artificiale, provoca costi sanitari miliardari e colpisce maggiormente le comunità svantaggiate, richiedendo un cambiamento strategico urgente.

La crescente diffusione dei data center, alimentati dalla richiesta di servizi online e dall’intelligenza artificiale, sta sollevando allarmi riguardo all’impatto ambientale e sanitario. Una recente ricerca condotta da esperti dell’Università della California a Riverside e del Caltech ha messo in evidenza come le enormi quantità di energia richieste da queste infrastrutture possano avere conseguenze significative sulla salute pubblica, con costi sanitari stimati in miliardi di dollari. Le aziende più influenti nel settore, come Google, Microsoft e Meta, appaiono tra le principali responsabili di questo fenomeno preoccupante.

I costi sanitari associati

I risultati di uno studio pubblicato dal Financial Times rivelano un quadro inquietante: nel quinquennio passato, i costi sanitari legati all’operatività dei data center hanno raggiunto la cifra di 5,4 miliardi di dollari. Questo incremento è stato amplificato dall’aumento delle infrastrutture necessarie all’intelligenza artificiale, la cui espansione continua a progredire rapidamente. Nel 2023, le spese sanitarie associate all’inquinamento causato dai data center hanno visto un balzo del 20% rispetto all’anno precedente, con un costo di 1,5 miliardi di dollari.

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Questo trend di crescita non accenna a fermarsi: si prevede che, man mano che l’uso dell’intelligenza artificiale progredisce, i costi sanitari aumenteranno ulteriormente. L’analisi effettuata dagli studiosi ha reso evidente che la salute pubblica paga un tributo significativo a questo fenomeno, un fatto che ha attirato l’attenzione non solo degli accademici ma anche del settore economico nel suo complesso.

L’approccio della ricerca

Il lavoro di studio ha definito in dettaglio l’impatto negativo dei data center sull’ambiente e sulla salute umana. Attraverso uno strumento fornito dall’Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti, gli esperti hanno quantificato gli effetti nocivi legati alla qualità dell’aria, come le malattie respiratorie e i tumori. Il dato è impressionante: Google guida la lista delle aziende con costi sanitari stimati in 2,6 miliardi di dollari tra il 2019 e il 2023. Seguono Microsoft, responsabile di 1,6 miliardi di dollari, e infine Meta, con 1,2 miliardi.

Un dato rimane sul tavolo: Amazon non è stata in grado di fornire informazioni sufficienti per una valutazione simile, il che solleva interrogativi sul reale impatto delle sue infrastrutture. Le aziende sono dunque chiamate a rendere trasparenti i loro dati per una migliore comprensione della loro impronta ambientale.

Come nasce l’inquinamento?

Il problema dell’inquinamento generato dai data center affonda le radici nell’enorme consumo di energia necessario per la loro operatività. La maggior parte di questa energia proviene da combustibili fossili, il che contribuisce a un’acquisizione crescente di emissioni nocive. Ma la situazione non si ferma qui: le ditte utilizzano generatori di riserva alimentati a gasolio, che amplificano ulteriormente il problema.

Il tornado di impatti negativi non si limita ai processi di produzione energetica; anche i rifiuti elettronici, come chipset e altri componenti, rilasciano sostanze chimiche nel suolo e nell’aria, aggravando ulteriormente la situazione. L’analisi ha mostrato che il calcolo dei costi sanitari associati all’uso elettrico di Google e Microsoft è stato effettuato confrontando i dati ufficiali forniti da queste aziende. Le informazioni di Meta, seppur più limitate, hanno abilitato una lettura più chiara dei costi associati.

Conseguenze sulle comunità svantaggiate

Un aspetto che non può essere trascurato è il colpo durissimo che queste dinamiche arrecano alle famiglie a basso reddito. Molti data center sorgono in aree già vulnerabili, dove l’inquinamento atmosferico colpisce maggiormente le comunità meno abbienti. Questo fenomeno evidenzia come l’impatto dei centri dati non sia uniforme, attaccando più duramente chi ha meno risorse per difendersi dagli effetti deleteri dell’inquinamento.

Le aziende coinvolte tendono a sminuire l’importanza di questi dati, con Microsoft che sottolinea gli aspetti positivi del proprio operato nelle comunità in cui è presente. Google, dal canto suo, ha proposto che le stime sui costi sanitari siano esplorate più approfonditamente, affermando che non tengono conto di altri fattori, come gli investimenti su energia pulita.

Verso un cambiamento strategico

Il professor Shaolei Ren, associato presso UC Riverside, ha affermato che è possibile invertire la tendenza preoccupante legata all’inquinamento a patto di ripensare la posizione dei data center. La proposta è di localizzarli in aree meno popolate, così da ridurre l’impatto negativo sulle comunità circostanti.

La richiesta di energie per sostenere l’intelligenza artificiale e i servizi digitali ha raggiunto livelli senza precedenti, inducendo i ricercatori a mettere in guardia sulla qualità dell’aria e la salute pubblica. Antonis Myridakis, docente presso la Brunel University, ha messo in evidenza l’urgenza della situazione, ricordando come la crescente domanda di tecnologia passi necessariamente attraverso una gestione più responsabile e sostenibile delle risorse.

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