La tassa sul rame bocciata: la manovra finanziaria abbandona il controverso emendamento

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Nelle ultime settimane, il dibattito sulla cosiddetta "tassa sul rame" ha tenuto banco nel panorama politico italiano, ma l'idea di introdurre un'imposta per chi utilizza ancora una connessione ADSL o fibra FTTC è stata definitivamente accantonata. L'emendamento 76.07, presentato dal deputato Fabio Carmine Raimondo del partito Fratelli d'Italia, non troverà spazio nella manovra finanziaria in fase di elaborazione. La proposta prevedeva un tributo del 10% a carico degli utenti con connessione lenta, il cui ricavato sarebbe servito a sostenere la transizione verso la banda ultralarga.

L'abbandono della tassa sul rame

La decisione di ritirare l’emendamento è stata presa all'interno della maggioranza, segno che esiste una crescente consapevolezza riguardo alle ripercussioni economiche su quegli utenti che non hanno ancora accesso alla fibra ottica. La proposta, che mirava a reperire fondi per accelerare il passaggio dalle vecchie reti in rame a quelle in fibra, ha sollevato un vespaio di critiche. Infatti, è emerso un consenso sulla necessità di non gravare ulteriormente sui cittadini che già affrontano diverse difficoltà.

Il presidente dell’Associazione Italiana Internet Provider , Giovanni Zorzoni, ha espresso sollievo per la scelta di non istituire questa tassa, sottolineando che una tale misura avrebbe avuto ripercussioni negative sui consumatori. La questione rimane accesa, poiché, oltre alla tassa, sono emerse altre disposizioni incluse nell'articolo 76 della manovra, suscettibili di sollevare preoccupazioni.

Critiche ad altre misure della manovra

Gli operatori del settore, rappresentati dall'AIIP, non nascondono la loro inquietudine per ciò che potrebbe rimanere all'interno della manovra. Esprimono un notevole disappunto riguardo ad ulteriori aiuti a favore di specifiche aziende, in particolare finiscono sotto la lente di ingrandimento Fibercop e Open Fiber. Queste imprese, risultate vincitrici di bandi significativi, non sembrano giovare a un contesto economico sempre più sfidante.

Secondo le affermazioni dell'AIIP, il governo prevede di rimborsare 610 milioni di Euro a favore di queste aziende, compensando così presunti costi aggiuntivi che avrebbero affrontato durante l'esecuzione dei progetti. Questa mossa ha sollevato interrogativi sulla reale sostenibilità delle offerte economiche fatte da queste aziende durante la partecipazione ai bandi, evidenziando che impegni assunti precedentemente appaiono sempre più difficili da mantenere nel tempo.

Riconferma delle preoccupazioni da parte dell'AIIP

L'associazione non si limita a sottolineare l'aspetto economico, ma evidenzia anche il possibile rilascio di obiettivi meno ambiziosi per i concessionari dei bandi Italia a 1 Giga. Questo consentirebbe alle aziende di rinegoziare condizioni contrattuali in modo favorevole, ma al contempo genererebbe incertezze sugli sviluppi futuri, in particolare su quelli legati alla qualità del servizio per gli utenti finali. C'è il timore che tali misure possano incentivare comportamenti poco omogenei e una loro attuazione inadeguata, con conseguenti slittamenti nei tempi di realizzazione.

AIIP mette in guardia contro il fatto che il governo possa spostare il rischio imprenditoriale dai bandi assegnati alla collettività, creando una situazione in cui i profitti restano privati, mentre eventuali perdite vengono socializzate. L'associazione considera questa situazione come una distorsione del mercato, compromettendo l'integrità delle gare pubbliche già svolte.

Riconversione a favore degli utenti

Per rispondere a questa situazione, l'AIIP insiste sulla necessità di un approccio più inclusivo, affermando che le piccole e medie imprese devono giocare un ruolo chiave. La richiesta è che tutti gli operatori siano coinvolti nella programmazione delle iniziative di politica industriale, trattandosi di un settore che ha dimostrato di generare posti di lavoro e di contribuire significativamente al bilancio pubblico.

La strategia proposta da AIIP mira a promuovere un ambiente competitivo che possa davvero tradursi in benefici concreti per gli utenti finali, piuttosto che perpetuare aiuti a grandi operatori. Ciò rappresenterebbe il modo migliore per promuovere la diffusione della tecnologia e colmare le lacune di connessione esistenti nel territorio italiano.

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