Il dibattito sulla sicurezza dei minori su Internet si intensifica negli Stati Uniti, dove NetChoice, un importante gruppo di pressione sostenuto da giganti della tecnologia come Meta e Google, ha intrapreso un'azione legale contro una nuova legislazione del Maryland. Questa legge mira a garantire una maggiore protezione ai bambini online, ma è stata accusata da NetChoice di violare il primo emendamento. Una situazione complessa che mette in luce le tensioni tra le aziende tech e le normative in materia di sicurezza informatica.
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La promessa di Meta e l'azione contro la legge del Maryland
Nel maggio dello scorso anno, Meta aveva dichiarato pubblicamente il proprio supporto a una nuova legge del Maryland, nota come "Kids Code", che intendeva rafforzare la protezione dei bambini sull'Internet. Nonostante tale impegno, il 3 febbraio di quest'anno, NetChoice ha presentato un'azione legale contro la legge, sostenendo che essa infrange il diritto alla libertà d'espressione garantito dal primo emendamento della Costituzione americana. Il conflitto evidenzia un apparente doppio gioco da parte delle grandi aziende tecnologiche, che si professano a favore di regolamenti più rigorosi mentre, di fatto, si oppongono a misure concrete che potrebbero limitare i loro profitti.
Il Kids Code, firmato dal governatore Wes Moore, stabilisce restrizioni severe su come le aziende tech possono trattare i dati dei minori, rendendo obbligatorio un approccio più protettivo verso le informazioni sensibili. È una legge che, nel panorama delle normative esistenti, intende fissare obblighi supplementari rispetto al Children's Online Privacy Protection Act. Tuttavia, NetChoice sostiene che la legge rappresenta un tentativo di censura camuffato sotto le spoglie della protezione della privacy.
Cosa prevede il Kids Code e le reazioni di NetChoice
Il Kids Code introduce misure significative: le aziende non possono profilare i bambini per pubblicità personalizzate, devono garantire impostazioni di privacy più severe e sono tenute a condurre valutazioni di impatto per assicurarsi che i loro servizi non danneggino i più giovani. Le sanzioni in caso di violazioni possono arrivare fino a 7.500 dollari per infrazione intenzionale, un deterrente notevole per le aziende.
NetChoice ha descritto il Kids Code come una norma che impone ai siti web di operare come "polizia della parola". La lobby sostiene che le richieste formulate dalla legge, inclusa l'applicazione di un criterio vago per determinare l'"interesse superiore dei bambini", conferiscano ai funzionari statali una discrezionalità eccessiva, potenzialmente limitando la libertà di espressione di milioni di utenti.
Sacha Haworth, direttore esecutivo del Tech Oversight Project, ha evidenziato il paradosso della situazione, sottolineando come le aziende tech, pur finanziando NetChoice, non vogliano apparire contro i diritti dei bambini. Questa dinamica riflette la complessità del rapporto tra le normative emergenti sulla protezione dei minori e gli interessi economici delle tecnologie coinvolte.
Precedenti legali e le lotte a livello federale
Il recente litigio del Maryland non è un caso isolato. Infatti, nel 2022, la California aveva introdotto una misura simile, il cui effetto fu ridotto da una corte d’appello federale, accogliendo parzialmente le obiezioni sollevate da NetChoice. La lobby ha spesso invocato il primo emendamento, sostenendo che le leggi sulla privacy attuate dai vari Stati limitano la libertà di parola.
A livello federale, si sta discutendo il Kids Online Safety Act, destinato a regolare la protezione dei minori su Internet. Tuttavia, anche in questo caso, le aziende tecnologiche si schierano ufficialmente a favore della proposta mentre, tra le fila del Congresso, le resistenze sembrano ostacolare il suo progresso. La continua pressione esercitata da NetChoice testimonia la sua crescente influenza nel conflitto tra regolamentazione e libertà d'espressione, un ambito in cui gli equilibri sono sempre più complessi.
Il futuro della normativa sulla sicurezza online
NetChoice, che ha ampliato significativamente il proprio potere negli ultimi anni, gioca un ruolo cruciale nel plasmare il panorama legale sull'industria tecnologica, con particolare attenzione alla protezione dei minori. La sua strategia di contestazione delle leggi pianificate riflette una visione più ampia, in cui le aziende cercano di mantenere il controllo sui propri modelli di business, a spese di normative più restrittive.
Il professor Tim Wu della Columbia University ha espresso preoccupazione riguardo all'interpretazione attuale della Costituzione in relazione al primo emendamento, suggerendo che questa si sia evoluta in un mezzo che prioritizza gli interessi economici rispetto alla sicurezza pubblica. La battaglia che si gioca tra NetChoice e le legislazioni come il Kids Code sarà un tema centrale nei prossimi anni, con potenziali ripercussioni significative sul modo in cui le piattaforme gestiscono la privacy e la protezione degli utenti più vulnerabili.