Google e la rivisitazione di The Wizard of Oz: Un’opera cinematica rivoluzionaria al Sphere di Las Vegas

Google, insieme a Warner Bros. Discovery e Magnopus, presenta una versione rinnovata di “The Wizard of Oz” al teatro Sphere di Las Vegas, utilizzando intelligenza artificiale per un’esperienza immersiva unica.

Il celebre film “The Wizard of Oz”, iconico nella seinenografia cinematografica dal 1939, sta per rivivere una nuova era grazie all’intervento di Google. Grazie all’impiego dell’intelligenza artificiale generativa, Google, insieme a Warner Bros. Discovery e Magnopus, si appresta a presentare una versione completamente rinnovata di questo classico nel rivoluzionario teatro Sphere di Las Vegas. L’inaugurazione della proiezione avverrà il 28 agosto 2025, promettendo un’esperienza immersiva e spettacolare mai vista prima.

La proposta ambiziosa di Google per una nuova versione di Oz

La notizia che “The Wizard of Oz” sarà proiettato al Sphere ha suscitato grande interesse, ma un dato rimane fondamentale: la versione che verrà mostrata non sarà quella che il pubblico ha conosciuto. Sphere, con il suo schermo avvolgente a 16K, offre una tecnologia all’avanguardia che pone nuove sfide nel mostrare un film storico. Oltre al display di altissima risoluzione, l’ambiente teatrale sarà arricchito da effetti speciali come luci teatrali, macchine per il vento e sedili dotati di motori tattili, progettati per coinvolgere gli spettatori a 360 gradi.

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Il film, com’è ovvio, ha un aspetto da film dell’epoca in cui è stato girato, con un rapporto di aspetto di 4:3, mentre lo schermo di Sphere richiede una visione completamente diversa. Perciò, Google ha deciso di utilizzare l’intelligenza artificiale non solo per migliorare la qualità delle immagini, ma anche per modificare parte del film affinché possa adattarsi perfettamente alle proporzioni del nuovo ambiente.

L’idea di Google è quella di portare un film di oltre ottant’anni in una nuova dimensione, rendendo le scene iconiche del lungometraggio come “Over the Rainbow” e la prima apparizione della strega malvagia, spettacolari e tecnicamente impeccabili.

La tecnologia dietro il progetto: Upscaling e outpainting

L’intervento di Google si è articolato in due fasi fondamentali. La prima è stata l’upscaling del film al formato 16K, processo che ha richiesto sviluppi tecnologici senza precedenti. Utilizzando i server massicci di Google Cloud, un vasto team di ingegneri e ricercatori ha lavorato per rendere “The Wizard of Oz” visivamente nitido e coinvolgente.

Ma la sfida non si è fermata qui. Per adattare il film a Sphere, è stato necessario un lavoro di “outpainting”, che comporta l’aggiunta di nuove informazioni visive per arricchire scene già esistenti. Questo permette di ampliare l’immagine senza compromettere le proporzioni degli attori e degli oggetti. Ad esempio, il celebre tornado diventa un’opera estesa rispetto alla versione originale e richiede un lavoro di integrazione della scena.

L’AI deve affrontare anche la complessità di garantire coerenza visiva e narrativa quando estende le scene. Ciò significa che Google deve garantire che le aggiunte, come in una scena in cui Dorothy interagisce con diversi personaggi, mantengano l’essenza e lo spirito del film originale, un compito che si prospetta come una difficoltà notevole.

L’esperienza cinematografica: un salto nel futuro o una caduta nel passato?

Dalla prospettiva dei cinefili, è naturale interrogarsi se questa rivisitazione fosse davvero necessaria e se l’intelligenza artificiale avesse il diritto di interferire con un film tanto amato. Molti aspetti di “The Wizard of Oz” sono sacri, e il rischio è che l’interpretazione algoritmica possa alterare in modo irrevocabile quanto di bello c’è nel film originale.

Alcuni osservatori notano che l’ambiente creativo di Google, pur innovativo, sembra riprodurre l’arte in una forma imprecisa. Durante la presentazione, un momento traumatico è stato osservare Judy Garland apparire con un aspetto innaturale, come se fosse un manichino. Questo fa sorgere interrogativi circa i limiti ai quali l’AI potrebbe spingersi nella realizzazione di opere cinematografiche.

Tuttavia, si può considerare la nuova versione di Oz come un’opportunità per avvicinare nuove generazioni a una storia senza tempo. L’arte immersiva, alla stregua delle installazioni artistiche attuali, offre una rivisitazione che può attrarre spettatori che altrimenti potrebbero non essere interessati a un film dell’86esimo anniversario. La speranza è che, con la tecnologia, il film possa ispirare la creatività di nuovi cineasti, proprio come ha fatto con quelli del passato.

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